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Attualità venerdì 15 febbraio 2019 ore 11:00

​Quel treno di 'matti' da Como a Volterra

Nel 1902 la direzione del manicomio, già con 300 ricoverati, offrì rette ribassate e così cominciò il suo enorme sviluppo.



VOLTERRA — Nel 1902 un treno davvero speciale partì da Como diretto a Volterra attraverso la sua stazione di Saline. Distribuiti nei vagoni secondo le loro condizioni e gradi di pericolosità, per loro e per gli altri disgraziati compagni di viaggio, viaggiarono un centinaio e più di malati di mente fino ad allora ricoverati nel manicomio di Como ma residenti nella provincia di Porto Maurizio, oggi Imperia, che non avendo un suo istituto per malati di mente pagava le rette a quello comasco. Ma Volterra offrì una retta a costo minore, da 1 lira e 5 a 1 lira, e il prefetto di Imperia decise il trasferimento e organizzò l'inedito viaggio ferroviario, dando un grande impulso alla struttura volterrana fino a quel momento con circa 300 ricoverati, e aprendo la strada a simili arrivi provenienti da molte parti d'Italia. A cominciare da Roma.

Ma ora facciamo un salto di quasi mezzo secolo. Nel 1944, all'avvicinarsi in Toscana del fronte della seconda guerra mondiale, l'ospedale psichiatrico volterrano diventato il più grande (o quasi) d'Italia mandò a casa, a Pontedera, come molti altri ricoverati in grado di stare con i parenti, il trentenne Pietro. La sua famiglia era già sfollata a San Gervasio e al passaggio degli aerei americani Pietro scappava dal casolare-rifugio e con una pentola in testa li mitragliava con le braccia e le dita tese. Di Pietro, di Carmeline e di tanti altri nomi di poveri cristi della provincia pisana, ma prima della guerra anche da lontane province italiane, ne sono passati decine e decine di migliaia nei 91 anni di vita del manicomio di Volterra. 

Aperto nel 1897 e chiuso dalla legge Basaglia nel 198, anche se la chiusura non poté essere immediata, simultanea e completa - e da qui nacquero molte polemiche con giudizi opposti: troppo presto, troppo tardi - per cui cominciò il periodo delle piccole comunità, o case famiglia, attualmente in funzione. Fino a una speciale in sostituzione dell'ospedale giudiziario di Montelupo, anch'esso ormai chiuso. Alla vigilia della guerra i ricoverati volterrani erano quasi 5 mila con circa mille addetti di tutte le categorie e con un'organizzazione interna che sfidava quella di un comune. Anzi, la superava fino al punto di emettere monete proprie. Ma ne riparleremo.

continua

Mario Mannucci
© Riproduzione riservata


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